
I dati epidemiologici sulla popolazione generale indicano che circa il 7% dei bambini in età scolare presenta difficoltà nello sviluppo linguistico, pur in presenza di normale sviluppo cognitivo e intellettuale. Competenze linguistiche adeguate sono le premesse fondamentali per un corretto procedere degli apprendimenti scolastici, in particolare della letto-scrittura. Nonostante iproblemi del linguaggio siano uno dei più frequenti motivi di consultazione pediatrica e neuropsichiatrica nei primi anni di vita, la diagnosi viene spesso fatta tardivamente, in prossimità dell’ingresso o durante il primo anno di scuola primaria, con il rischio di ripercussioni psicologiche nell’età dell’adolescenza.
È noto dalla letteratura scientifica che il periodo sensibile per uno sviluppo tipico delle abilità di linguaggio e di lettura è rintracciabile in fasi molto precoci della vita. Evidenze sperimentali convergono inoltre nell’individuare nell’epoca prescolare il periodo sensibile per effettuare interventi di prevenzione primaria attraverso “buone prassi” nei contesti di vita del bambino, quali la scuola e la famiglia. Si tratta di un modello di prevenzione che non va inteso come una schedatura al primo sospetto di anomalia, rispetto ad un presunto standard di normalità, bensì come un percorso in cui la tempestività e qualità degli interventi ha lo scopo di contribuire ad una evoluzione positiva delle eventuali difficoltà e ad alleviare e condividere le fatiche del crescere del bambino.
Di questo tema, e dell’importanza della promozione della salute del bambino, si è parlato nel corso del convegno “Una palestra per la mente: arricchire il linguaggio del bambino, promuovere la salute, ridurre le disuguaglianze” svoltosi il 12 aprile presso la Camera di Commercio di Lecco, organizzato dall’Istituto Scientifico Medea di Bosisio Parini. Durante l’incontro sono stati presentati i risultati preliminari del progetto Communication Disorders: reducing health inequalities, uno studio centrato sulla prevenzione dei disturbi della comunicazione linguistica, avviato nel 2012 dall’IRCCS Medea - La Nostra Famiglia e approvato dal CCM (Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie) del Ministero della Salute.
Il progetto, tuttora in corso, si propone di avviare un modello di medicina predittiva finalizzato alla riduzione della prevalenza dei disturbi specifici del linguaggio e all’attenuazione delle conseguenze negative sullo sviluppo psicologico, attraverso la realizzazione di uno screening su campione di popolazione di bambini frequentanti la scuola dell’infanzia, per l’individuazione dei soggetti a rischio; la realizzazione di un intervento preventivo su un campione a rischio attuato mediante un potenziamento formativo delle competenze specifiche possedute; e la predisposizione di moduli informativi e formativi per la sensibilizzazione dei pediatri e del personale del servizio sanitario nazionale.
La ricerca, condotta in Lombardia e Friuli Venezia Giulia, ha previsto attività di osservazione precoce dello sviluppo e potenziamento delle abilità linguistiche in un ampio campione di bambini dell’età di 2-3 anni e delle abilità di attenzione visiva in bambini di 4-5 anni, anch’esse in relazione con i futuri apprendimenti della letto-scrittura. Un gruppo di bambini a rischio di disturbi del linguaggio e valutati con un semplice test di screening, somministrato direttamente ai genitori (il Language Development Survey, sviluppato dalla professoressa Leslie Rescorla del Bryn Mawr College in Pennsylvania, entro l’estate disponibile anche in Italia), ha partecipato ad un percorso di sviluppo delle abilità meta fonologiche: durante l’orario scolastico, maestre appositamente formate hanno impegnato i bambini in attività strutturate di potenziamento linguistico (giochi con le rime, riconoscimento di suoni, suddivisione delle parole, ripetizioni di non-parole…) messe a punto da Andrea Marini, ricercatore di Psicologia Generale presso l’Università di Udine. I risultati ottenuti mostrano che i bambini a rischio di sviluppare disturbi del linguaggio esposti al training acquisiscono migliori abilità linguistiche rispetto ai bambini a rischio che non hanno seguito il percorso di potenziamento; il miglioramento si rivela significativo già a distanza di poche settimane dal termine del percorso. Nei prossimi anni si potrà valutare con maggiore precisione come la curva di sviluppo sia stata influenzata positivamente dal training.
Inoltre, ad un gruppo di 30 bambini che frequentavano l’ultimo anno delle scuole dell’infanzia della provincia di Lecco, è stata proposta un’esposizione della durata di 20 ore (un’ora al giorno) a videogiochi d’azione o a videogiochi d’abilità creati dai ricercatori del Medea in collaborazione con i Dipartimenti di Psicologia Generale e di Matematica dell’Università di Padova. I risultati preliminari indicano che allenare l’attenzione mediante l’utilizzo di videogiochi può migliorare le prestazioni in quelle abilità ritenute predittive del futuro apprendimento della lettura; nello specifico si osserva che allenando l’abilità visiva migliorano anche altre abilità, come quella acustica e quella attentiva, massimizzando i processi di elaborazione delle informazioni, fondamentali per il futuro apprendimento della lettura. Lo studio è ancora in corso, con lo scopo di seguire l’evolversi delle abilità di lettura e di apprendimento dei bambini.
«Il nostro intento - spiega Massimo Molteni, responsabile della ricerca in psicopatologia presso l’IRCCS Medea - è promuovere la salute e il benessere del bambino, coinvolgendo la scuola e la famiglia, mettendo loro a disposizione le conoscenze e le tecnologie. Spesso si pensa ai giochi di brain training per gli anziani per un aging più attivo. Perché non pensarli anche per i bambini, naturali utilizzatori di tecnologia? Perché non mettere a disposizione di scuola e genitori suggerimenti che potrebbero aiutare a far acquisire ai bambini competenze più idonee rispetto alle richieste di un mondo sempre più complesso e esigente? In fondo la tradizione educativa delle famiglie italiane e delle nostre scuole - spesso così ingiustamente denigrata e non valorizzata - può essere la nostra dieta mediterranea da offrire a tutti i bambini del mondo: per essere, ancora una volta, dalla parte dei bambini».
I bambini normalmente imparano a parlare rapidamente e senza difficoltà tramite esposizione al linguaggio adulto; tuttavia per alcuni di loro questo processo di sviluppo non è così facile. I primi risultati del progetto evidenziano come specifiche attività di allenamento linguistico, attuate già in età prescolare, possano contribuire a ridurre la frequenza dei disturbi di apprendimento durante l’età scolare. Un bambino più allenato sarà in futuro uno studente in grado di rispondere alle richieste sociali, al passo con i compagni, che non dovrà confrontarsi con il disagio psicologico, l’ansia e la demotivazione, possibili effetti secondari dei disturbi del linguaggio
Fonte:http://www.lastampa.it/2014/05/02/scienza/galassiamente/nuove-tecnologie-per-lallenamento-linguistico-dei-bambini-Fu3iFPSpzOgQM2qNTFUyOM/pag
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